nota a sentenza Cassazione a s.u. 21761/2021
E’ stata depositata, in data 29 luglio 2021 la sentenza della Cassazione a sezioni unite, n.21761/2021, relatore consigliere Antonio Valitutti.
La sentenza ha origine dal ricorso di due ex coniugi che, in sede di divorzio, hanno inteso regolamentare ogni questione, anche patrimoniale, conseguente alla crisi coniugale. Le parti hanno così convenuto che la ex casa coniugale, costituita da un appartamento in Pesaro fosse intestato quanto alla nuda proprietà ai due figli permanendo l’usufrutto a favore della moglie sulla sua quota di proprietà. Questa ultima condizione in aperto contrasto con il decreto del presidente del Tribunale di Pesaro che escludeva la possibilità di inserire in ricorso congiunto disposizioni accessorie
Va precisato che al ricorso, le parti avevano allegato dichiarazione attestante la conformità allo stato di fatto dell’immobile dei dati catastali e delle planimetrie e dell’intestazione catastale alle risultanze dei pubblici registri immobiliari, nonché perizia tecnica giurata, con allegati l’attestato di prestazione energetica, la dichiarazione di conformità dell’impianto termico alle prescrizioni legali, la visura e la planimetria dell’immobile, nonché la nota di trascrizione alla Conservatoria.
Il Tribunale di Pesaro, con sentenza n.933/2016, pronunciava la cessazione degli effetti civili del matrimonio stabilendo espressamente che i trasferimenti previsti erano da intendersi “impegni preliminari di vendita ed acquisto”, sentenza confermata dalla Corte D’Appello di Ancona con sentenza n.583/2017 e sottoposta al vaglio della Corte di Cassazione. Con ordinanza interlocutoria n.3089/2020 la prima sezione civile, ritenuto il rilevante impatto che l’interpretazione delle norme può avere a livello nazionale, rimetteva gli atti al Primo Presidente per eventuale assegnazione alle Sezioni Unite.
Dopo avere preso in esame le diverse valutazioni intervenute negli anni a favore della natura negoziale degli accordi tra coniugi, equiparabili a pattuizioni atipiche ex art.1322, secondo comma, c.c., conclude la Corte che nessun sindacato possa esercitare il Giudice del divorzio sulle pattuizioni di natura contrattuale privata che corrisponda ad una fattispecie tipica, libere essendo le parti di determinarne liberamente il contenuto (art.1322, primo comma, cod civ.). Osserva ancora la Corte che “in una lettura costituzionalmente orientata -che tenga conto del fondamento costituzionale dell’autonomia privata, ravvisabile negli artt.2,3,41 e 42 Cost. è evidente che una restrizione dell’autonomia, per di più in presenza di una situazione di crisi coniugale che impone, anche sul piano solidaristico, una soluzione il più celere possibile quanto meno delle questioni economiche che possono tradursi in ulteriori motivi di contrasto tra i coniugi, la soluzione propugnata dalla Corte territoriale non può ritenersi condivisibile”.
E’ evidente l’ossimoro contenuto nella sentenza: una soluzione “il più celere possibile” che, in questo caso, è giunta dopo 5 anni dal deposito del ricorso congiunto…
Diamo merito a questa coppia che ha “retto” i tempi ed i costi della giustizia, per affermare il principio di diritto dell’autonomia delle parti e del diritto a vedere trattati in un unico contesto i tanti aspetti che derivano dalla fine di una relazione.
Precisa la Corte che “il verbale dell’udienza di comparizione dei coniugi redatto dal cancelliere ai sensi dell’art.126 cod. proc. civ., che -per intanto- realizza l’esigenza della forma scritta dei trasferimenti immobiliari, richiesta dall’art.1350 cod. civ., è come dianzi detto- un atto pubblico avente fede privilegiata, fino a querela di falso, sia della provenienza dal cancelliere che lo redige e degli atti da questi compiuti, sia dei fatti che egli attesta essere avvenuti in sua presenza “
La Corte accoglie dunque le argomentazioni dell’avvocatura, che ha sempre sostenuto la natura di atto pubblico del verbale di udienza, oltre che di omologa e sentenza. Tuttavia l’orizzonte non è sgombro da nubi, essendo ormai raro che il Cancelliere assista il Presidente o il Giudice delegato in udienza e ci si augura che questo non sia elemento per continuare a negare la realizzazione pratica dei trasferimenti assumendo che ad impossibilia nemo tenetur; la stessa Corte precisa infatti subito dopo che “al cancelliere (esattamente come al giudice) compete la qualifica di pubblico ufficiale e lo svolgimento delle formalità relative all’udienza, ivi compresa la stesura del verbale, rientra nell’esercizio di una pubblica funzione (cfr. art.357 c.p.); sicché gli atti redatti o formati con il suo concorso, nell’ambito delle funzioni al medesimo attribuite, e con l’osservanza delle formalità prescritte dalla legge, costituiscono atti pubblici, ai sensi dell’art.2699 c.c.”.
La possibilità di trasferire gli immobili e i diritti su di loro nel medesimo atto in cui si definiscono separazione e divorzio agevola e di molto la definizione di tante controversie, rimandare il trasferimento ad un successivo atto notarile lascia aperte possibilità di inadempimento e di ulteriore contenzioso, come la mancata partecipazione all’atto e il necessario ricorso al Giudice per ottenere l’adempimento in forma specifica ex art.2932 c.c..
La sentenza rappresenta anche un riconoscimento dell’operato dell’avvocatura chiamata a fornire tutti gli elementi necessari per il corretto trasferimento.
Confidiamo che questa decisione rappresenti un ulteriore passo avanti per consentire la trattazione in un’unica procedura dei tanti aspetti che regolano la vita di persone che si lasciano e per consentire i trasferimenti immobiliari anche in sede di regolamentazione dei rapporti tra ex conviventi e unioni civili, nonché in sede di negoziazione assistita: non si possono invitare le parti a mediare, trovare accordi, ridurre il contenzioso, se non si danno gli strumenti per farlo.
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