Nell’ambito dell’offerta formativa dell’Ordine degli avvocati di Reggio Emilia, con avv.Celestina Tinelli, avv.Giovanna Fava, avv.Giulia Sarnari, avv.Marta Rovacchi, avv.Maria Teresa Pagano
Il diritto di famiglia è un ambito nel quale gli argomenti su cui dibattere e confrontarci certamente non mancano, è un diritto in progress per il quale mai possiamo dare certezze: un esempio per tutti pensiamo alla solidarietà post coniugale e l’evoluzione giurisprudenziale dei criteri per il riconoscimento dell’assegno divorzile. A maggior ragione quando parliamo di figli, destinati a crescere, evolversi, a presentare nuovi e diversi bisogni. Anche se la maturità non si acquisisce con un clik i 18 anni del figlio rappresentano uno spartiacque nell’esercizio dei diritti e dei doveri e nella assunzione di responsabilità per il proprio agire, sino a quel momento i genitori rispondono per i danni del figlio, dai 18 anni in poi, il figlio risponderà in proprio, in via esclusiva, anche se sia nullatenente e senza reddito. Se il figlio maggiorenne non potesse risarcire i danni che ha fatto, i suoi genitori non ne risponderanno neanche in via sussidiaria, la coabitazione non comporta alcuna loro responsabilità per i suoi comportamenti.
Con la legge di riforma della filiazione non si è solo eliminata l’odiosa distinzione tra figli nati fuori e in costanza di matrimonio, ma è stata introdotto anche un vero e proprio statuto dei figli, comprensivo di diritti e doveri, che con la maggiore età trovano un più completo sviluppo. Parliamo di persone che per la legge sono adulte, quindi non più soggette all’autorità dei genitori, ma dai quali, nella maggior parte dei casi, ancora dipendono economicamente. L’art.315 bis c.c. esprime il principio di solidarietà in ambito familiare, in proporzione alle proprie capacità e sostanze. Il figlio deve rispettare i genitori e contribuire ai bisogni della famiglia con cui vive. Un figlio può agire nei confronti dei genitori per ottenere il mantenimento con un’azione ordinaria. Sul raggiungimento della prova dell’autonomia economica del figlio la giurisprudenza si è espressa in vario modo a seconda dei casi: individuando il limite dell’obbligo a 30, 32, 34 anni di età del figlio.Pur non avendo individuato un preciso limite di età la giurisprudenza ha preso in considerazione l’età, l’impegno, la condotta complessiva del figlio maggiorenne ed anche il contesto familiare da cui proviene, per valutare se ritenere estinto o meno l’obbligo al mantenimento da parte del genitore.
Dall’obbligo di mantenimento ordinario si distinguono le spese extrassegno, cd. straordinarie che, nel caso di figli maggiorenni possono essere particolarmente elevate e fonte di ulteriori contrasti, sia sotto il profilo della qualificazione della spesa come straordinaria, più o meno da concordare, che sotto il profilo del mancato accordo sulla scelta che tale spesa comporta. L’avvocatura ha cercato soluzioni, redigendo e attivando protocolli che suppliscono in parte all’accordo dei genitori o alle statuizioni dei giudici. I protocolli hanno avuto il merito di individuare le spese che devono essere concordate e le modalità dei rimborsi, a volte tuttavia il semplice richiamo ad essi si rivela inadeguato alla legittime aspettative delle singole famiglie. Per la Cassazione il principio di bigenitorialità non può comportare il rimborso delle sole spese concordate, se utili, tra queste le spese dell’università più confacente agli interessi del figlio.Il diritto del genitore che anticipa le spese ed il diritto del figlio maggiorenne sono diritti concorrenti e paralleli ed entrambi i soggetti sono legittimati attivi all’azione.
Un aspetto particolare, spesso ignorato o affrontato in modo insufficiente riguarda i figli maggiorenni portatori di handicap: per loro gli automatismi collegati alla maggiore età, al compimento degli studi, all’indipendenza economica non sono infatti applicabili: noi ci troviamo con figli adulti, a volte con handicap gravi, che non sono autosufficienti, non solo dal punto di vista economico ma anche nella gestione del quotidiano, e che probabilmente non lo saranno mai. La loro situazione si riflette in modo drammatico anche sul genitore con loro convivente e che, provvedendo continuativamente a loro, diventa un cargiver, spesso con impossibilità a svolgere qualsiasi altro lavoro. In caso di incapacità assoluta del figlio il Tribunale deve esaminare le risorse, se ha una occupazione che dia comunque diritto al mantenimento, la perdita della capacità lavorativa e l’incapacità personale, tutte le censure risultano assorbite dalla condizione patologica del figlio ai fini della persistenza dell’obbligo di mantenimento ove anche se impiegato non sia in grado di mantenersi.
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